Tra i numerosi eventi ed incontri organizzati da TaoBuk, stasera abbiamo assistito alla presentazione del libro Les Italiens, scritto da Rachele Ferrario, docente dell’Accademia di Belle Arti a Milano. La magnifica vista che offre l’Excelsior Palace Hotel ha accompagnato l’evento in cui l’autrice ha dialogato con il professor Antonio Di Grado dell’Università di Catania; inoltre sono stati letti alcuni estratti del libro, che racconta di sette artisti italiani nella capitale della Belle Époque del 1911. Sono destinati all’immortalità, ma forse non lo sanno ancora: Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Mario Tozzi, René Paresce, Massimo Campigli, Filippo De Pisis e Gino Severini.


Sette artisti calati nel tempo di cubismo e surrealismo, innervati nel confuso e generoso coacervo di fedi ed ideologie diverse ma caoticamente convergenti. Con i pregiudizi ideologici odierni ciò non sarebbe possibile, poiché si demonizzano miti ed illusioni di quel tempo confuso ma quanto mai fertile.
L’incontro si apre con un breve intervento di Alfio Bonaccorso, coordinatore generare e gestore degli eventi di TaoBuk, che ringrazia Rossella Ponte Castorina per l’accoglienza all’Hotel e per il costante supporto al Festival, che ogni anno invade Taormina di cultura.

La conversazione prosegue poi con un primo intervento del professor Di Grado, che evidenzia l’importanza e la necessità di tornare alle fucine dell’innovazione come quelle della Vienna di Freud tra l’800 e il 900, o della Berlino tra espressionismo e nuova oggettività, o ancora di Parigi, a cui è dedicato l’intero libro, che si caratterizza per la sua scrittura felicemente antiaccademica e non autoreferenziale. Questo tipo di scrittura fa pensare a modelli di saggismo come ad esempio Alberto Savinio, che è anche uno dei protagonisti del libro, anche se ovviamente si parla di modelli inarrivabili. Il libro è ambientato nella Parigi Boheme, come in Midnight in Paris di Woody Allen o Festa Mobile di Hemingway; l’obbiettivo è quello di ricordare le officine di innovazione del primo 900, cercando di rinvigorire le nostre coscienze poco avvezze dell’attività intellettuale artistica vista come compito spericolato ed intenso. Successivamente interviene la Ferrario, sostenendo che i protagonisti del libro erano veri e propri rivoluzionari di pittura, pensiero e politica e lottavano, con sprezzo per la povertà di mezzi, da cui riuscivano comunque ad ottenere risultati grandissimi.

La conversazione prosegue con svariate riflessioni su Picasso e sul ruolo dei futuristi, su come venivano visti in passato e su come, in qualche modo, abbiano anticipato alcuni atteggiamenti fascisti, come il modo di fare militaresco. Nell’ultimo capitolo del libro infatti l’autrice analizza come si vestivano questi artisti che anticipato il concetto di divisa, fino a concludere l’incontro con un breve intervento su Margherita Sarfatti e il suo modo di interpretare il fascismo delle idee come rivoluzione per restaurare l’idea del classico in Italia.