Sabato 25 maggio, Mario Incudine ha ricevuto il Premio Sicilia 2019 alla carriera in qualità di “cantante di arte di vita e di storie” dalle mani di Chiara Gibilisco -rappresentante dell’Hotel de Charme Principe di Fitalia – presso il cortile Mariella Lo Giudice del Palazzo Platamone o ‘della Cultura’ ,nel cuore del centro storico di Catania, dove si è poi esibito con il suo quartetto in un concerto alla presenza del pubblico di Taobuk.
Taobuk: le mille risorse di un festival
E come da tradizione lunga già ben nove anni, il Festival Internazionale del libro di Taormina sembra non smentirsi, soprattutto se a dominare è la felice opportunità di unire letteratura e musica. Incudine – cantautore originario di Enna – ha accompagnato la conversazione tra il giornalista del Corriere della Sera, Andrea Nicastro, e il già pluripremiato autore spagnolo Javier Cercas, a Catania in veste di assegnatario del Premio Sicilia.
Mario Incudine cantastorie dei nostri tempi
Il cantautore ennese è quasi uno degli ultimi superstiti dei ‘cunta storie’ della nostra epoca. L’artista è testimone, con la sua musica, di un ciclo che non solo ebbe il ruolo di ‘costante’ nella Sicilia di tanti anni fa, ma che fu anche bella abitudine dei siciliani di una volta: gli stessi che amavano ascoltare i cunti antichi della loro terra, e le storie di quell’umanità tanto folkloristica il cui ricordo si perde già nella notte dei tempi.
Insomma, da moderno cantastorie qual è, Incudine è anche uno dei più autentici. Lui, che non si fa mai passare la voglia di sorprendere il pubblico raccontando leggende, cantando la vita e il mondo attraverso esperienze lette dietro a dei volti: i volti sognatori e quelli disincantati, o – ad ogni modo – i volti di chi ha vissuto e fatto la storia di cui siamo figli.
“La poesia non è di chi la fa ma di chi la usa”
“Ringrazio Antonella Ferrara perché Taobuk è diventato un punto di riferimento per l’editoria italiana e mondiale, e perché grazie a questo festival la Sicilia veicola un’immagine che non è più stereotipata. I libri ci liberano dalla schiavitù dei social e fintanto che rimarrà una libreria, un cinema, o un teatro aperti, allora ci sarà speranza per il futuro”.
Così, Mario Incudine, nel suo intercalare poetico tra note vivaci e strimpelli virtuosi alla chitarra, dal palco ha privilegiato un rapporto aperto, diretto e e spontaneo col pubblico del Premio Sicilia (nei fatti una vera e propria anteprima del Festival), lanciando messaggi di speranza come accorate dediche d’amore alla sua terra natìa.
Esperienza musicale e carriera teatrale
Forse se lo saranno chiesto in tanti tra i presenti al Premio Sicilia 2019. La forza dell’esperienza musicale di Mario Incudine risiede anche nello straordinario potere della sua espressività passionale, quasi teatrale?
È una domanda curiosa, ma che trova immediato riscontro non soltanto nella sorprendente potenza vocale del cantante –una notevole dote naturale – ma soprattutto nella passionalità travolgente della sua gestualità, frutto della carriera da attore, e in quella mimica facciale densa di reale drammaticità che solo colui che ciò che fa lo sente dentro, possiede.Talento e orgoglio dei nostri tempi, Mario Incudine ha portato in scena un’ora di autentico sound siciliano in stile folk, esibendosi in una carrellata di brani frutto del suo popolare repertorio, e intrattenendo il pubblico con le sue note di vita vissuta. Ilritmo soft e un po’ nostalgico di Li Culura, e quello più movimentato di Italia Talìa e Strati di Paci, a cui hanno fatto da seguito per il resto del concerto la malinconia romantica di Tienimi l’occhi aperti, e ancora le note di Donnafugata, Quasi l’una piena, Salina e Novumunno dedicata al tema dell’immigrazione. Il dialetto, cifra sensazionalistica del cantautore ennese, ha riconfermato una tradizione musicale tutta basata sulle radici dell’identità popolare che in Sicilia non deve mai tramontare.
Ad accompagnare il tutto, lo spirito spensierato dei suoi acuti ribelli, e le digressioni malinconiche che riportano alla memoria il destino di una terra difficile, fatta di sofferenza, e della dignità pagata a caro prezzo di chi ieri, oggi o domani emigra per guadagnarsi di che vivere.
post di Ambra Taormina