Si possono canalizzare il dolore, la sofferenza, il terrore in letteratura? Erwan Larher, scrittore francese originario di Clermont-Ferrand, non è sicuramente il primo che prova a mettere nero su bianco un’esperienza traumatica che non avrebbe mai voluto vivere. Tuttavia, è il primo che sceglie di farlo raccontando un avvenimento che ha sconvolto l’opinione pubblica in Europa e nel mondo, ovvero l’attacco terroristico del 13 novembre 2015 al Bataclan di Parigi.
Era un venerdì sera come un altro o almeno così sembrava. Per un amante del rock come Erwan Larher, si stava prefigurando una notte di musica indimenticabile con una fantastica band itinerante. “Stasera al Bataclan.“, scrisse il romanziere francese quel giorno, in un post su Facebook, “Andiamo a bere birra e a saltare su e giù. Indosserò i miei stivali da cowboy.”
Larher non riuscì a convincere nessuno dei suoi amici a venire con lui al Bataclan, così si diresse verso il leggendario teatro parigino da solo. Quello che sarebbe successo di lì a poco sarebbe diventato un’esperienza condivisa, capace di segnare per sempre la storia di Larher e di legare inevitabilmente la sua vita a quella di tutti gli estranei presenti. Mentre la band “Eagles of Death Metal” si esibiva sul palco, tre uomini entrarono nel Bataclan e aprirono il fuoco sulla folla, uccidendo 90 persone e ferendone molte altre.
Tra i feriti c’è anche Larher, colpito da un proiettile. Disteso a terra, erano miliardi i pensieri che gli frullavano per la testa. Uno di questi era “Se dovessi salvarmi, non scriverò una sola riga riguardo questa vicenda.”
A tal proposito, il magazine Straight.com ha riportato le recenti dichiarazioni dello scrittore francese: “Non mi è mai passato per la testa di scriverne solo perché sono un romanziere: di solito invento storie, creo personaggi, scrivo di finzioni. Quello che è successo al Bataclan, invece, è stato parte della mia vita privata. Stavo scrivendo un altro romanzo, ma dopo essermi confrontato con delle persone care e dopo aver a lungo rimuginato al riguardo, mi è sembrato che quella del Bataclan non fosse solo una tragedia personale, ma una tragedia nazionale, e forse una tragedia mondiale. A quel punto ho deciso di scrivere un libro al riguardo, perché come romanziere cerco di mettere in discussione il mondo in cui viviamo e ciò che ne facciamo, gli esseri umani che si agitano in questo mondo, cosa facciamo per cambiarlo o per non cambiarlo, e perché e come?”
Queste le domande che si pongono alla base de “Il libro che non volevo scrivere“, il racconto autobiografico di Erwan Larher che descrive l’orrore personale del Bataclan con dettagli estremamente intimi e che immagina anche gli eventi di quella notte di novembre dalle prospettive dei terroristi. “Nel libro affronto un dilemma enorme: com’è possibile che tre francesi, che sarebbero potuti essere i miei vicini di casa o i miei colleghi di lavoro decidano di suicidarsi, uccidendo 90 persone?”