“La Sicilia è indubbiamente una delle due grandi isole letterarie del continente, l’altra è l’Irlanda. Entrambe hanno un’importantissima tradizione di scrittori e poeti, al punto che si dovrebbe riflettere sul legame specifico che esiste tra la condizione insulare e il bisogno di scrittura. Un bisogno spesso strettamente legato al tema della nostalgia, visto che, quando gli scrittori vivono lontani dall’isola natia, sublimano la nostalgia attraverso la scrittura.” Daniel Pennac durante l’intervista di R.it Palermo, 17 ottobre 2014.
Con questa citazione dello scrittore francese, Taobuk – Festival letterario di Taormina, rivolge i suoi auguri di buon compleanno a Daniel Pennac, che oggi compie 74 anni. Approfittiamo della ricorrenza per selezionare le migliori frasi tratte dai libri del creatore del celebre Ciclo di Malaussène.
A forza di riflettere, si finisce per arrivare a una conclusione. A forza di giungere a una conclusione, succede che si prende una decisione. E una volta presa la decisione, succede che si agisce per davvero. (da Abbaiare stanca)
Si può stare attenti finché si vuole, non si è mai al sicuro da un incidente. Si può essere al colmo della felicità, ma non si è mai al riparo dall’infelicità (e viceversa, per fortuna). (da Abbaiare stanca)
Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo “amare”… il verbo “sognare”… Naturalmente si può sempre provare. Dai, forza: “Amami!” “Sogna!” “Leggi!” “Leggi! Ma insomma, leggi, diamine, ti ordino di leggere!” “Sali in camera tua e leggi!” Risultato? Niente. (dall’incipit di Come un romanzo)
Il diritto di spizzicare. È la libertà che ci concediamo di prendere un volume a caso della nostra biblioteca, di aprirlo, dove capita e di immergercisi un istante, proprio perché solo di quell’istante disponiamo. (da Come un romanzo)
Che dei libri possano sconvolgere a tal punto la nostra coscienza e lasciare che il mondo vada a rotoli ha di che toglierci la parola. (da Come un romanzo)
Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere. (da Come un romanzo)
Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini. (da Diario di scuola)
Scriviamo per farla finita con noi stessi, ma con il desiderio di essere letti, non c’è modo di sfuggire a questa contraddizione. È come se annegassimo urlando: “Guarda, mamma, so nuotare!”. Quelli che gridano più forte all’autenticità si gettano dal quindicesimo piano, facendo il tuffo d’angelo: “Vedete, sono soltanto io!”. Quanto a sostenere di scrivere senza voler essere letti (tenere un diario, per esempio), significa spingere fino al ridicolo il sogno di essere contemporaneamente l’autore e il lettore. (da Ecco la storia)
La questione del tono… Le parole sono soltanto parole, quasi nulla senza il loro intento, che affidiamo al tono e che trascende il significato per sempre prigioniero dei dizionari. (da Ecco la storia)
Le nuvole tanto attese si ammassano finalmente sopra la tua testa, il cielo nero si apre come un otre squarciato, la pioggia finalmente cade, ma avvicinandosi alla terra troppo bollente le gocce esplodono, esplodono appena sopra le tue mani tese, la tua bocca aperta, le tue labbra spellate, come se la Terra fosse diventata il sole in persona, e risalgono in getti di vapore per ricostituire le nuvole che il vento spinge altrove; allora sì, allora sai cos’è l’inferno… (da Ecco la storia)
E noi, che crediamo che non si debba credere in niente, come pensi che riusciamo a non sentirci delle merde? Annusando l’odore di capro del vicino, Malo (di nuovo Malo!) e se non ci fosse il vicino ci si taglierebbe in due per farci un capro tutto nostro, portatile, che puzzerebbe al posto nostro! (da Il paradiso degli orchi)
In poesia i silenzi hanno lo stesso ruolo che in musica. Sono una respirazione, ma sono anche l’ombra delle parole, o il loro riflesso, dipende. Per non parlare dei silenzi annunciatori. Ci sono infiniti tipi di silenzi, Clara. Per esempio, prima che tu ti mettessi a recitare, stavi fotografando il gatto bianco sulla tomba di Victor Noir. Supponi che dopo che avrai recitato noi tacciamo. Sarà forse lo stesso silenzio? (da Il paradiso degli orchi)
Gli orari della vita dovrebbero prevedere un momento, un momento preciso della giornata, in cui ci si potrebbe impietosire sulla propria sorte. Un momento specifico. Un momento che non sia occupato né dal lavoro, né dal mangiare, né dalla digestione, un momento perfettamente libero, una spiaggia deserta in cui si potrebbe starsene tranquilli a misurare l’ampiezza del disastro. Con queste misure davanti agli occhi, la giornata sarebbe migliore, l’illusione bandita, il paesaggio chiaramente delineato. Ma se si pensa alla propria sventura tra due forchettate, con l’orizzonte ostruito dall’imminente ripresa del lavoro, si prendono delle cantonate, si valuta male, ci si immagina messi peggio di come si sta. Qualche volta, addirittura, ci si crede felici! (da Il paradiso degli orchi)
I giovani amano la morte. A dodici anni si addormentano sentendo racconti di guerra, a vent’anni la fanno. […] Sognano di dare una morte giusta o di ricevere una morte gloriosa, ma in entrambi i casi è la morte che amano. (da La fata Carabina)
Uno crede di portare fuori il cane a fare pipì mezzogiorno e sera. Grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione. (da La fata Carabina)
A nascere son buoni tutti! Persino io sono nato! Ma poi bisogna divenire! divenire! crescere, aumentare, svilupparsi, ingrossare (senza gonfiare), accettare i mutamenti (ma non le mutazioni), maturare (senza avvizzire), evolvere (e valutare), progredire (senza rimbambire), durare (senza vegetare), invecchiare (senza troppo ringiovanire), e morire senza protestare, per finire… un programma enorme, una vigilanza continua… perché a ogni età l’età si ribella contro l’età, sai! E se fosse solo questione di età… ma c’è anche il contesto! (da Signor Malaussène)
L’amore è sempre stato di bocca buona riguardo ai suoi primi alimenti. Le prime conversazioni d’amore assomigliano agli omogeneizzati dei bambini. Non importano gli ingredienti, tanto è d’altro che si parla. L’amore sfida le leggi della dietetica, si nutre di tutto e nulla lo nutre. Si son viste autentiche passioni nascere da conversazioni così povere di proteine da reggersi a stento in piedi. A questo assistiamo, a questo becchettio amoroso tra Clara e Clèment. Né l’uno né l’altra sanno davvero di cosa stiano parlando, ma la mamma capisce benissimo che tutto ciò che sboccia dalle labbra di Clèment – verso chiunque sia rivolta – vola in realtà verso Clara, aquiloni variopinti, piccoli emissari d’amore che Clara afferra al volo senza batter ciglio. (da Signor Malaussène)