Mario Incudine è l’artista più polimorfo e variegato che la Sicilia potesse partorire. Compositore, polistrumentista, attore e regista teatrale, è uno degli esponenti di spicco della world music, genere che si fonda sulla contaminazione con il folk e sulla più fertile commistione di linguaggi. I suoi album vengono diffusi su scala internazionale e godono di illustri collaborazioni con i nomi più importanti del panorama musicale.

È nel solco del suo esordio, curiosamente teatrale, che l’artista pulipremiato cura la co-regia e le musiche de Le Supplici, messo in scena nel 2015 dall’ Istituto Nazionale del dramma antico, prestando persino il volto al conturbante cantastorie.

Mario Incudine è nato ad Enna nel Giugno del 1981, nel cuore di un’Isola da cui riceve in eredità la vocazione ad un canto che celebra i chiaroscuri della vita, senza orpelli e con sottile schiettezza.

Un racconto del presente, in dialetto

Riesce a portare fieramente il dialetto siciliano oltre i confini nazionali, rendendolo protagonista indiscusso delle sue canzoni e rendendo fruibile al grande pubblico progetti musicali comunemente definiti di nicchia.

Il suo un made in Sicily frizzante e contemporaneo, e di certo affascinerà il pubblico del Taobuk, che assisterà ad un concerto firmato Incudine il 25 maggio, in occasione della serata inaugurale del Festival, quest’anno avente come tema Il Desiderio – che vedrà lo scrittore spagnolo  Javier Cercas insignito del prestigioso Premio Sicilia 2019

Italia talìa…

A sti figghi toi,  

ca sulu ammazzati

addiventanu eroi.

( Italia, guarda/a questi figli tuoi/che solo dopo essere ammazzati/diventano eroi).

Italia talìaè il provocatorio richiamo ad una nuova consapevolezza, l’urlo che squarcia l’intorpidimento della collettività: ballate -denuncia di un cantastorie che non si risparmia e non risparmia.

Edito nel 2012, dopo album come Abballalaluna“Beddu Garibbardi”, il lavoro segna certamente l’approdo – frutto di un coraggioso percorso decennale- ad una diffusione più ampia, segnale forse di un nuovo interesse per la musica popolare.

Perentorio come il titolo sono i toni, dell’album, a volte aspri e taglienti, di composizioni, in cui tuttavia non viene mai neutralizzata la carica ammaliatrice dell’autore.

L’attualità e il linguaggio senza mediazioni

Dal dramma degli operai Fiat in “Fiat voluntas Fiatalla straziante “Salina, la tragica preghiera di un immigrato africano, che serba silenziosamente in cuore il miraggio del futuro. 

“c’u sapi su daveru derrì ‘u suli c’è ‘a fortuna

o è sulu ‘na minzogna ca svapura di matina.”

(chissà se davvero dietro al sole c’è fortuna/ o è solo un’illusione che svanisce la mattina) 

Il dialetto viene sapientemente plasmato e non manca di abbandonarsi anche alla liricità accorata di canzoni come Li culuraNotti di stranizza, una concitata danza culminante in un tripudio sensoriale.

L’Amore cantato e cuntato

D’Acqua e di rosi…

Sono impastate le donne, suggerisce poeticamente Mario Incudine. Le donne dell’Isola natìa, forgiatesi nel sale, irrimediabilmente vincolate ad una tradizione che le celebra e le canta nella mitologia della quotidianità. D’Acqua e di rosi è una lunga serenata siciliana che si snoda nel corso dei tredici brani che compongono l’album.

Un equilibrio raffinato tra vecchi successi, imperdibili inediti e fertili collaborazioni (Antonio Vasta, Manfredi Tumminello…) accompagnano un dolce e passionale “ritorno alle origini”, sempre efficacemente contemporaneo.

Post di Roberta Orlando