“In Italia si legge sempre di meno.” Questa è l’opinione comune tra chi si esprime sul tema. Dati alla mano, però, la realtà è abbastanza diversa.
Il 2019 appena concluso, infatti, si è confermato come un anno positivo per l’editoria italiana.
A sostenerlo sono i dati Nielsen per l’Associazione Italiana Editori (AIE), riferiti alle vendite di libri di varia (esclusi quindi quelli scolastici e quelli universitari) nei canali trade (librerie indipendenti e di catena, grande distribuzione organizzata, piattaforme online compreso l’ecommerce di Amazon), pubblicati agli inizi dello scorso dicembre.
Le vendite di libri hanno, infatti, registrato una crescita del 3,7% nei primi undici mesi dell’anno, pari a 1,131 miliardi di euro. Sono cresciute – ed erano molti anni che ciò non accadeva – anche le copie vendute toccando il più 2,3%, pari a 77,4 milioni di copie.
L’indagine, riferita ai primi 11 mesi del 2019, viene supportata dai dati informali, che tengono conto anche del mese di dicembre e che parlano di un aumento complessivo del 5% su tutto l’anno.
Sull’incremento del numero delle vendite pesa per circa l’80% Amazon: quest’ulteriore dato potrebbe fornire uno spunto di riflessione in più sulla scottante questione delle librerie indipendenti e in franchising, minacciate dal colosso di Jeff Bezos.
Questo è, infatti, un momento in cui la letteratura sta attraversando un periodo di effervescenza, scatenante le preoccupazioni dei professionisti, librai ma anche scrittori, che si sentono spesso danneggiati dalla tecnologia digitale (ecommerce online come anche gli strumenti di digitalizzazione dei testi come Google Libri).
Il 2020 si è purtroppo aperto con la notizia della chiusura di alcune prestigiose librerie, che sono arrivate a 2.300 in cinque anni. L’indagine
Nielsen per l’Associazione Italiana Editori (AIE) certamente rincuora il modo dell’editoria, che tuttavia necessita di una regolamentazione, alla luce dei recenti sviluppi relativi alle nuove tecnologie.