Lo scrittore romano ha presentato il suo nuovo romanzo presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Messina
Eraldo Affinati – scrittore ed insegnante di letteratura – ha conversato in un’intervista con la giornalista della Gazzetta del Sud, Patrizia Danzé, nel pomeriggio di mercoledì 12 giugno presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Messina, dove ha presentato il suo nuovo romanzo dal titolo Tutti i nomi del mondo, in seno a Leggere il Presente: rassegna letteraria organizzata in collaborazione con Taobuk, la quale si propone di offrire spunti di lettura della nostra attualità, attraverso il contributo di più voci dal mondo della cultura.
Il realismo della sofferenza in “Tutti i nomi del mondo”
Prende spunto da esperienze che formano a tutti gli effetti parte integrante del vissuto del suo autore, il nuovo romanzo dagli accenti diaristici che Eraldo Affinati ha introdotto a Messina davanti al pubblico di Leggere il Presente. Si tratta delle storie di vita di ventisei individui transitati nel corso di tanti anni nella veste di allievi, dai banchi della Penny Wirton: la scuola gratuita di italiano per stranieri che Affinati ha fondato insieme alla moglie.
La veridicità drammatica delle pagine di Tutti i nomi del Mondo, parte da una fusione di realismo misto a sofferenza, e alla forza di volontà e di riscatto che ciascuna delle identità presenti nel romanzo porta con sé nel proprio percorso formativo, alla volta di un nuovo futuro da costruire dentro ad un Paese straniero. <<La lingua è la casa del pensiero: le emozioni che vivi e che provi le esprimi con le parole. Se non ci fossero la famiglia, i codici e la scuola, non ci sarebbe la civiltà umana>> ha pure dichiarato Affinati nel corso dell’intervista.
L’ ‘appello di un registro ideale’ e la componente del viaggio
<<Questo romanzo rappresenta un grande appello che un professore fa per iscrivere sul registro ideale le persone più importanti della sua vita>> così l’autore ha spiegato le basi da cui è partito per realizzare il suo scritto. Un’opera in cui non soltanto grande importanza è conferita alla componente umana in termini di individui che ci sono ancora o che non ci sono più, ma anche all’attaccamento che si determina e all’affetto che scaturisce dal rapporto tra un insegnante e i suoi allievi: tutte persone che, con il passare del tempo, si trasformano in membri di una grande famiglia.
<<La componente del viaggio, per me è molto importante per raccontare delle storie, ma prima di ogni altra cosa è fondamentale comprendere sempre qual è la stazione di partenza.>> ha pure ammesso Eraldo Affinati alle domande di Patrizia Danzé. Il viaggio, per l’autore, diventa un percorso inevitabile in cui tutti noi ci avventuriamo; è la condizione necessaria senza la quale non potremmo conoscere noi stessi e le nostre radici. Il viaggio ha da sempre una precisa componente simbolica: non è soltanto lo spostamento fisico che accomuna la condizione di chi emigra, ma è anche il percorso interiore che compiamo per ritrovare noi stessi e la nostra identità. Per conoscere le nostre radici.
Eraldo Affinati scrittore e professore di letteratura
C’è il realismo di Tolstoj, ma ci sono anche Don Milani e Michel de Certaud tra i massimi ispiratori della scrittura di Eraldo Affinati. Narratore prolifico e insegnante di letteratura nato a Roma nel 1956, Affinati ha esordito con il romanzo d’impronta autobiografica intitolato Soldati del 1956 (Marco Nardi 1993, Mondadori 1997). A seguire, Bandiera Bianca (Mondadori 1995, Leonardo 1996) è la storia di un ribelle individualista fuggito da un ospedale psichiatrico, che al suo ritorno si abbandonerà ad un giudizio aspro sull’Italia di quegli anni. Campo del Sangue e Il Nemico degli Occhi sono invece altrettanti romanzi pubblicati nei primi anni del nostro secolo.
Affinati è nato da un padre che era figlio illegittimo, mentre sua madre a diciassette anni è riuscita ad evadere dalla deportazione di un treno diretto nei lager della Germania nazista. Suo nonno fu addirittura partigiano e condannato alla fucilazione. Tutti i Nomi del Mondo è infine una specie di bilancio esistenziale: <<I miei genitori non hanno mai trovato le parole giuste da dirmi, perché non le conoscevano ed io con la mia attività di insegnante e scrittore mi sono reso conto di aver voluto risarcire i miei genitori, abbandonandomi alla ricerca delle parole ed al mio istinto conoscitivo. Lo stesso istinto che mi accomuna a tutti i personaggi che ho conosciuto: giovani, svantaggiati, ultimi e immigrati, che fanno parte di questo romanzo e hanno vissuto la loro esperienza alla scuola ‘Penny Wirton’>> ha concluso l’autore.
L’incontro è stato introdotto dal Prorettore Vicario, Prof. Giovanni Moschella.
Ambra Taormina